martedì 24 giugno 2008

La Mandorla in Sicilia!

"Era inevitabile: l’odore delle mandorle amare gli ricordava sempre il destino degli amori contrastati" (Gabriel Garcia Marquez, L’Amore ai tempi del Colera).
Secondo una antichissima leggenda il mandorlo nacque da uno di quegli amori disgraziati che vedevano protagonisti gli eroi, gli uomini o l’intera famiglia degli dei.
Gli antichi Greci narravano che Fillide, una principessa Tracia, incontrò Acamante, figlio di Teseo, sbarcato nel suo regno per una sosta durante la navigazione verso Troia.
I due giovani si innamorarono perdutamente ma Acamante fu costretto a proseguire con gli Achei per combattere nella guerra di Troia. La giovane principessa, dopo aver atteso dieci anni che finisse la guerra, non vedendolo tornare con le navi vittoriose si lasciò morire per la disperazione.
La dea Atena, commossa da questa struggente storia d’amore, decise di trasformare Fillide in uno splendido albero di mandorlo. Acamante in realtà non era morto e quando seppe che Fillide era stata trasformata in albero abbracciò la pianta che per ricambiare le carezze fece prorompere dai suoi rami fiori anziché foglie. L'abbraccio si ripete ogni anno quando i fiori del mandorlo annunciano la primavera.
Il mandorlo, nelle due varietà dolci o amare, appartiene alla famiglia delle Rosacee e fin dall’antichità si diffuse nei Paesi del Mediterraneo, in Asia e in Africa, per la sua bellezza e per il suo preziosissimo seme: la mandorla. In Sicilia sbarcò insieme ai Fenici e il suo uso si diffuse successivamente nelle colonie greche. Veniva utilizzato in cucina per la preparazione di squisiti dolci ma si traeva da esso anche l’olio che, a partire dal Medioevo, talvolta, si sostituiva al più costoso olio di oliva.
Sono molte le implicazioni simboliche della Mandorla tra le quali la più diffusa è quella dell’iconografia tradizionale medievale. La mandorla circonda spesso il Cristo o la Vergine Maria a significare che la natura divina è contenuta all’interno di quella umana. Quest’iconografia è frequente anche nella pittura rinascimentale.
All’inizio del secolo scorso la provincia di Agrigento era il primo produttore mondiale e la mandorla rappresentava la principale fonte di reddito. Venivano coltivate circa 752 specie.
La massima diffusione si ebbe negli anni '60 con circa 200 mila ettari di terreno impiantati a mandorleti. L'azione dell’uomo per impiantare il mandorlo viene a modificare in parte il paesaggio: colline brulle vengono, con dura fatica, terrazzate con muri a secco dove vengono "seminati" delle mandorle amare. Dopo un anno il piccolo alberello di mandorlo viene innestato.
Di questo frutto nulla veniva perduto: la legna della potatura serviva ad alimentare i forni per la cottura del pane, con il mallo esterno si lavorava un tipo di sapone molle chiamato "scibina", il guscio veniva utilizzato per alimentare i bracieri in casa.
Agrigento non detiene più questo primato che tuttavia si sta cercando di recuperare. In primavera si svolge in questa città la sagra del "mandorlo in fiore" che ricopre la Valle dei templi di un delicato manto bianco e rosa simile a quello di una sposa che annuncia la primavera. (A proposito di spose, sembrerà strano ma le mandorle sono molto utilizzate anche nella cucina dei Paesi settentrionali dell'Europa e in Svezia sono protagoniste di una tradizione molto simpatica. Alla vigilia di Natale si prepara un dolce di riso all'interno del quale viene nascosta una mandorla. La persona che la trova sarà la prima a sposarsi).
Se la festa dei mandorli ad Agrigento è la più conosciuta non bisogna dimenticare, in Sicilia, la bellezza delle coltivazioni delle campagne di Noto, nel siracusano. Da questa zona provengono i frutti più profumati, quelli più ricchi di proteine e di essenze e tra tutte le varietà una particolare menzione merita la Pizzuta di Avola, la più elegante tra tutte le mandorle, impareggiabile per forma e gusto. Piattissima, ovoidale e regolare è perfetta per la confetteria più fine ma anche per la preparazione dei dolci siciliani.

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